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Intervista di Marzo 2004

Prof A. Poliseno
Stoicismo nell'Antica Roma

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Marco Aurelio, nelle sue Meditationes, parla di come l'uomo saggio capisca i limiti impostogli dal mondo, e riesce a convivervi. Il concetto di uomo saggio è tipico dello Stoicismo romano in seguito ad una trasformazione del concetto greco, o deriva direttamente dalla Stoà Greca?
Cn. Equitius Marinus

La saggezza (phronesis) indica un comportamento razionale, la virtù che determina ciò che è bene o male per l'uomo. Non è la sapienza, intesa come conoscenza filosofica di concetti alti, ma conoscenza del miglior modo di condurre la vita. Uno sguardo alla storia della parola lascia comprendere che essa ha assunto significati diversi nello scorrere dei secoli, connessi con quelli di etica e di virtù.
In Omero non si rinviene un termine che indica tutte le attività spirituali nella loro complessità, "un interiorità connettiva dello spirito", presupposto della coscienza come centro di decisione e responsabilità. Rileva solo le singole attività psichiche: noos indica l'aspetto razionale; thumos è l'organo interiore del movimento; alla phren sono attribuiti gli impulsi superiori; L'anima: la psyche, tiene in vita l'uomo, ma non viene intesa come "centro della sua spiritualità e della sua forza". L'eroe omerico se riconosce di aver fatto del male, ne attribuisce la responsabilità agli dei.
L'etica omerica si identificava del tutto con il concetto eroico dell'areté, un termine che ha la stessa radice di aristos, il superlativo di valente1 ed è sinonimo di forza, coraggio. L'eroe doveva essere prode e superare gli altri. Isocrate ricorda che Omero era letto ai giovani per sollecitarli ad imitare l'areté di coloro che avevano combattuto2. La brama della gloria era la forma più alta dell'eroismo. L'onore non era un riflesso marginale, inessenziale della virtù: questa era acquistata con l'onore ed i valori ricercati erano quelli del successo e dell'ammirazione. La competizione per raggiungere la gloria non aveva freni e non conosceva rispetto dei rivali. In un ordinamento sociale fondato sull'approvazione e l'ammirazione l'onore era l'unico mezzo che consentiva all'individuo di uscire dalla sfera dell'individualità ed immettersi in quella dell'ideale. Solone, legato ancora all'aspetto esteriore e sociale della virtù, identifica l'areté con la doxa agathé.
L'interiorizzazione dell'etica e della virtù, che dell'etica rappresenta l'aspetto dinamico, è frutto di un processo lungo che passa attraverso i diversi valori dati alla vita, dopo la scoperta della coscienza come centro dell'attività umana.
La cultura attica, sostituendo all' areté eroica la sophrosyne, determina la crisi dei valori iliadici, e fa subentrare la moderazione alla sopraffazione legata alla ricerca della gloria. Scopre che la premessa teorica e pratica del vivere è la sapienza (sophia), che è patrimonio di pochi; i più devono accontentarsi della philosophia, cioè dello sforzo di fare assumere al logos il giusto atteggiamento; la phronesis era la saggezza pratica, la scienza del bene e del male; con lo scegliere i valori da essere perseguiti, la virtù assumeva la denominazione di sophrosyne: la padronanza di noi stessi, o temperanza che mantiene gli istinti in armonia con il logos. Sono le quattro virtù cardinali esaminate da Platone, Aristotele, Teofrasto.
La sophrosyne era un termine con significati molteplici: etico: assenza di orgoglio, temperanza; politico: moderazione nelle decisioni e nel comportamento; religioso: rispetto degli dei, mancanza di tracotanza sacrilega (ybris).
Crisippo recepì i termini phronesis e sophrosyne e associò alla prima altre virtù: l'avvedutezza, la ponderatezza, l'abilità nello scegliere i mezzi, ecc; alla sophrosyne invece subordinò il senso dell'opportunità, il decoro, la fortezza, la moderazione, la fermezza, la giustizia ecc.
Durante il periodo ellenistico il concetto di saggezza fu tenuto in tale considerazione che Epicuro la stimò superiore alla stessa filosofia3. Non bisogna dimenticare che anche l'epicureismo contribuì alla precisazione del termine.
Zenone ritiene che l'ethos sia " la sorgente della vita dalla quale scaturiscono le singole azioni e si riflette perfino nell'aspetto esterno"4. In questo caso ogni azione è un katorthoma, un azione perfetta che trae origine dall' orthos logos.
Tra i katorthoma, espressione del logos, e gli errori peccaminosi amartemata, vi sono molte azioni "medie" tra le quali rientrano gran parte di quelle che noi facciamo in funzione della nostra esistenza animale. Quelle che noi compiamo "secondo natura" le ritiene "convenienti", katheconta, ed indicavano le esigenze e gli obblighi che si pongono all'uomo in date circostanze. Sono le azioni che non procedono dal nostro vero essere, ma si "avvicinano a noi", in quanto sono ciò "che nella vita risulta in modo conseguente alla nostra natura complessiva".
Il saggio inizialmente è un uomo talmente perfetto che gli stoici arrivarono a dichiarare che nella storia dell'umanità, c'era stato forse solo qualche saggio. Anche per lo stoico dello stoicismo classico la saggezza, come moderazione e compromesso, era la condizione per continuare a vivere. Del resto, la materia dell'agire può rientrare sia tra i katorthoma sia tra i kathekonta, la differenza la fa lo spirito con cui si agisce. Il kathekon come azione che a noi conviene in conformità con la natura universale, costituisce il nostro dovere. Poiché questo concetto comprende tutto ciò che è conforme alla natura umana è giustificato dal punto di vista del logos. In seguito il concetto si restrinse ed indicò le azioni che, nell'ambito della comunità, ci vengono imposti come doveri della legge razionale. La cultura romana lo mutuò dallo stoicismo classico arricchendolo ed arricchendosi. Questa evoluzione si accentuò quando i romani adottarono il concetto stoico e lo identificarono con il loro termine officium
I romani avevano i loro valori, tramandati dal mos maiorum: pietas: il dovere religioso che impegnava l'uomo nei rapporti con gli dei, la patria, i parenti. Virgilio chiama Enea pius, per la sua devozione al padre.; la fides, la lealtà che ispira fiducia. Tutte queste qualità avevano la loro radice nella disposizione naturale del vir, nella virtus che racchiudeva tutte le qualità, in una unità indivisibile, che un uomo dovrebbe possedere e che faceva del vir un vir bonus..
Lo stoicismo portava dentro di sé l'alternativa tra l'adesione al logos e le esigenze della physis; i romani cercano con maggiore impegno la loro conciliazione.
Il kathekon-officium per i romani era tutto ciò che è compiuto in vista di una ragione5. La virtù consisteva nel giudicare correttamente il valore delle cose, nel sapere ciò che è giusto, utile, cosa è bene e cosa è male. Entusiasti degli ideali di coerenza assoluta e del cosmopolitismo degli stoici li immisero in alcuni loro valori tradizionali.
Per esempio, il concetto di aequitas era già presente nel diritto romano, "ma rappresentava l'istanza ideale, intrinseca allo stesso diritto, che persegue un trattamento giuridico in pari situazioni giuridiche", era l'interpretazione rigorosa e scrupolosa della norma; lo stoicismo fece maturare l'esigenza di darle una dimensione etica. Il concetto nel corso dei secoli ha poi subito un'evoluzione tale che oggi equità non significa mera interpretazione del diritto ma un nuovo principio frutto della morale della religione, del diritto.
Per merito dello stoicismo maturò il concetto di humanitas. A formare questo ideale contribuì soprattutto Cicerone, ma le premesse le pose Panezio. Cesare chiama Procillo, che mandò quale ambasciatore ad Ariovisto, summa vitute et humanitate adulescentem.6 L'humanitas, ideale civile e sociale dell'età ciceroniana, consisteva nel "riconoscere e rispettare l'uomo in ogni uomo", nel "superamento del nazionalismo".7 Non ci vuole l'esegeta per cogliere la presenza dello stoicismo!
Tre momenti caratterizzano la morale pratica della Stoà nell'età imperiale: si stabiliscono legami più saldi fra filosofia e sentimento religioso. La ridotta 'partecipazione alla vita politica consentì una maggiore concentrazione su se stessi e l'impegno al proprio miglioramento morale; il ripiegamento su se stessi permise di modificare la fede stoica secondo le esigenze personali.
Resta sempre presente la convinzione che tutto il mondo è retto dal logos. Epitteto riteneva che l'uomo non sia in grado di rispondere all'imperativo del "conosci te stesso e il tuo destino" senza quella premessa.
Rispondere alla domanda se il concetto di saggezza sia stato mutuato direttamente o tramite adattamenti è facile e difficile contemporaneamente. Facile perché anche i concetti morali variano nel corso dei secoli; conservando però la propria identità, ma è difficile indicare il come e il quando, perché non fu breve il tempo di compenetrazione e fu molto ampia l'aria geografica dei contatti.
In ogni periodo lo stoicismo resta fedele alla convinzione che la libertà dalle affezioni è raggiunta solo dall'uomo che rappresenta la piena esplicazione del logos , ma poi deve fare i conti con la realtà della natura dell'uomo che è spirito e materia. Durante il Principato, quando la libertà del diritto pubblico era scarsa, dovette rassegnarsi a rivendicare la convinzione che la vera libertà è quella del diritto naturale: l'indipendenza interiore.
La teologia, anche nel periodo imperiale, è quella stoica: Dio è logos e physis, fatum e pronoia. La vita futura solo un bel sogno.
L'adattamento alla realtà è una necessità alla quale non sfugge chi vuole continuare a vivere e rinuncia a sacrificare la vita a premesse puramente razionali. Lo riconobbe Kant. Dopo aver asserito che l'uomo deve essere mosso esclusivamente dalla forma della legge, ed aver celebrato con accenti lirici il "Dovere ! Nome sublime e grande"8, deve riconoscere che la sua morale richiede azioni tali "di cui il mondo non ha, forse, mai offerto fino ad oggi il minimo esempio".9
Anche lo stoico saggio dovette rassegnarsi alla realtà della vita che non è solo razionalità, perché i sentimenti, le passioni, la physis, sono non meno reali del logos. La saggezza anche per lo stoico, che non voleva rimanere un'icona utopica, era quella del buon senso: tendere al massimo, accontentarsi del possibile.
L'ideale deve essere trascendente ed immanente contemporaneamente. Se troppo al di sopra delle nostre forze resta inutile; se di troppo facile accesso esaurisce in breve il suo compito di guida. Marco Aurelio prima di essere stoico era un romano e fece i conti con la realtà della vita.
Lo stoicismo contribuì non poco a rendere più saggia l'umanità. I suoi ideali di coerenza e fratellanza non sono rimasti inerti principi nella storia dell'etica personale e sociale.

 

 

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