IT:Uso dei nomi romani
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Uso dei nomi romani
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Uso dei nomi romani
Quanti nomi?
Come regola generale, più il contesto è formale più nomi sono usati. L'uso di tutti e tre i nomi (o più) è molto formale e dovrebbe essere raro. Chiamare qualcuno M. Tullius Cicero è approssimativamente equivalente a chiamere qualcuno Signor Mario Antonio Rossi, Commendatore.
Normalmente, due nomi bastano per identificare la persona con la quale o della quale state parlando. L'uso di due nomi è formale ed educato. Chiamare qualcuno M. Tullius è approssimativamente equivalente a chiamare qualcuno Mario Rossi o Signor Rossi. Quando si nomina per la prima volta qualcuno in un discorso o in una lettera, è comune usare due nomi.
L'uso di un nome è relativamente rilassato ed informale. Se state già parlando con qualcuno, o di qualcuno, potete benissimo chiamarlo con un solo nome, specialmente se lo conoscete abbastanza bene. Chiamare qualcuno Cicero è approssimativamente equivalente a chiamare qualcuno Mario. Ma in situazioni formali o quando nominato qualcuno per la prima volta, l'uso di un solo nome potrebbe implicare troppa familiarità e risultare troppo poco educato.
Quali nomi?
I nomi usati per chiamare qualcuno dipendono in parte da quanti nomi usate.
Due nomi
Quando si chiama qualcuno con due nomi, i nomi da usare dipendono dallo status della persona che nominate. Se la persona è un nobilis, è educato chiamarlo con il suo praenomen ed il suo cognomen, ed es. P. Scipio. Se si tratta di un homo novus, di solito lo si chiama per praenomen e nomen, ad es. M. Tullius. Molti cittadini di Nova Roma sono homines novi, quindi molti sono solitamente chiamati per praenomen e nomen. Se accidentalmente chiamate un nobilis come se fosse un homo novus, probabilmente non si offenderà, specialmente se chiedete scusa per il vostro errore; ma, nel dubbio, potete sempre chiedere.
Certamente si può, adulare o lodare un novus homo chiamandolo per praenomen e cognomen come se fosse un nobilis; ma non si dovrebbe farlo troppo spesso per non causare risentimento tra i veri nobiles.
Alcuni adonttano uno stile che era comune nelle prime generazioni del periodo imperiale e chiamano tutti, sia i nobiles che gli homini novi, per nomen e cognomen, ad es. Cornelius Scipio, Tullius Cicero. Non c'è niente di sbagliato in questa pratica, ma non è frequente nell'antica era repubblicana e non è incoraggiata.
Un nome
Quando si chiama qualcuno usando solo un nome, è normale ed educato usare il cognomen. Un nobilis dovrebbe essere sempre chiamato per cognomen, mentre un homo novus può essere chiamato per nomen: non si tratta di un comportamento eccessivamente sgarbato, ma nel migliore dei casi è neutro, e potrebbe anche essere poco chiaro riguardo all'identità della persona di cui parlate.
Se una persona ha più di un cognomen, normalmente si dovrebbe usare il primo. Chiamare qualcuno per agnomen, se ce l'ha, è, ovviamente, particolarmente adulatorio. Si può chiamare qualcuno per nome adottivo se si vuole attirare l'attenzione sulla sua famiglia e sulla sua identità pre-adozione: non si tratta di un comportamento necessariamente garbato o sgarbato, ma dipende dal contesto. Allo stesso modo, chiamare qualcuno con il suo cognomen matronimico attirerà l'attenzione sull'identità e sulla famiglia di sua madre.
Non cadete nella trappola di chiamare qualcuno normalmente con il suo cognomen adottivo. Questo comportamento è spesso allettante, poichè è un modo semplice di distinguere il figlio adottato 0dal padre adottivo, ma è un'abitudine non romana. Per un romano un figlio adottato era, per tutte le intenzioni e tutti gli scopi, il figlio del genitore adottivo, e normalmente si sarebbe dovuto ignorare il suo cognomen adottivo quando lo si nominava.
Solo praenomen
Il praenomen è essenzialmente un nome privato da usare all'interno della famiglia. Non si dovrebbe chiamare un romano solo perpraenomen a meno che sia un parente stretto o un amico molto, molto intimo. Anche i coniugi generalmente non si nominano solo per praenomina - generalmente usano i nomina o i cognomina.
Vocativi latini
Quando si chiama qualcuno per nome, si cambia la finale del nome per indicare che si sta parlando ad una persona, non di quella persona. Come regola generale, i nomi che finiscono in -us prendono la finale -e (ad es. Brutus -> Brute), sebbene i nomi che finiscono in -ius prendono -i (ad es. Tullius -> Tulli). I nomi che finiscono in -a di solito non cambiano. I nomi che finiscono in altri modi di solito non cambiano.
Potreste notare che alcuni usano la finale del vocativo quando parlano di qualcuno in terza persona (ad es., "Stavo parlando a Brute ieri"). Non fatevi confondere - voi avete ragione, loro si sbagliano.
Modi di rivolgersi a qualcuno diversi dai nomi
Molto di più che in alcune società moderne, i romani si rivolgono l'un l'altro usando modi diversi dai nomi, o combinano i nomi con altri termini. Segue un brevissimo compendio.
Dominus & Domina
Alcuni parlanti di latino moderno usano "dominus" e "domina" come equivalenti di "Signore" e "Signorina" o "Signora". Questo è assolutamente da evitare. "Dominus" significa "signore" nel senso di "capo", o "maestro", e rivolgersi a qualcuno in questo modo è molto servile e abietto.
Un'eccezione è il fatto che le persone che si amano a volte si chiamano l'un l'altra "dominus" e "domina", sebbene, solitamente, solo in camera da letto.
Titoli
Nonostante i romani non tengano molto ai titoli, non è poco comune chiamare un Console con il titolo di "Console", ad esempio, specialmente qundo si parla in un contesto politico o si discute di faccende rilevanti per la carica. Allo stesso modo si potrebbe chiamare un proprio patrono con il titolo di "patronus". Ma i titoli non sono affatto obbligatori e non c'è assolutamente niente di maleducato nel chiamare un magistrato semplicemente per nome.
Parenti
Oltre a chiamarsi l'un l'altra per nome, le persone legate da parentela comunemente parlano agli altro o degli altri facendo riferimento alla loro relazione, ad es. pater (padre), soror (sorella), patruus (zio), etc. Questi termini sono spesso combinati a termini affettuosi (vedi sotto). Come precisato sopra, i parenti stretti potrebbero chiamarsi l'un l'altro per praenomina.
Coniugi ed amanti
Come specificato sopra, i coniugi e gli amanti di solito si chiamano l'un l'altro per cognomen piuttosto che per praenomen. Occasionalmente potevano chiamarsi vir (marito) ed uxor (moglie), ma, più comunemente, usavano termini affettuosi (vedi sotto).
Amici e conoscenti
Il più delle volte, la gente che si conosce ma a cui non si è particolarmente legati viene chiamata per nome, a volte con "mi" (vedi sotto). A volte si usano brevi descrizioni, come ad es. iuvenis (giovane), amicus (amico), senex (vecchio). A seconda della relazione tra le persone interessate, si potrebbero usare termini affettuosi e persino insulti.
Sconosciuti
Non esiste un diretto equivalente romane di "signore" o "signora" usati in senso generico. Se incontrate qualcuno che non conoscete, è normale e niente affatto sgarbato dire qualcosa come "petasate" ("tu col cappello") o "senex" ("vecchio") o "viator" ("viaggiatore"). Molto spesso si potrebbe dire "quiquis es" ("chiunque tu sia").
Però, generalmente, a meno che non si chieda solo che ora è, la miglior tattica è cercare di capire il nome della persona dicendo qualcosa tipo"adulescens, dic mihi nomen tuum, quaeso" ("giovane, per favore dimmi il tuo nome") o "o qui vocaris?" ("Come ti chiami").
Termini affettuosi e di stima
I romani sono sempre stati molto fantasiosi con i termini affettivi. Uno molto comune è "carissimus", spesso combinato con un nome, ad es. "salve Brute carissime" ("ciao, caro Bruto"), "salve soror carissima" ("ciao, cara sorella"). Altri esempi includono "dulcis" ("dolce"), "inclitus" ("famoso"), "magnus" ("grande"), "optimus" ("ottimo"), "fortissimus" ("fortissimo"). Questo dovrebbe bastare a darvi un'idea generale.
"Mi" ed "O"
"Mi" (maschile) e "mea" (femminile) significano "mio" e "mia". Sono spesso aggiunti ai nomi o ad altri termini affettuosi nelle conversazioni tra amici o conoscenti cordiali, ad es. "salve mi frater" ("ciao, fratello mio"), "salve mea Cornelia" ("ciao, Cornelia mia"). Sono comuni specialmente nelle lettere, non tanto nella conversazione orale.
Anche "O" non è poco comune. Ha l'effetto generale di rivolgersi a qualcuno in modo emotivo, enfatico, o poetico. Ad es. "o optime Brute" ("oh ottimo Bruto").